I disturbi del comportamento alimentare (DCA) o disturbi dell’alimentazione sono patologie caratterizzate da un’alterazione delle abitudini alimentari e da un’eccessiva preoccupazione per il peso e per le forme corporee. Insorgono prevalentemente durante l’adolescenza (13 – 19 anni) e colpiscono soprattutto il sesso femminile; negli ultimi anni, tuttavia, è stato riscontrato un aumento di casi precoci, anche tra la popolazione maschile. I comportamenti tipici di un disturbo dell’alimentazione sono: la diminuzione dell’introito di cibo, il digiuno, le crisi bulimiche (ingerire una notevole quantità di cibo in un breve lasso di tempo) cui seguono condotte compensatorie come il vomito, l’uso di anoressizzanti, lassativi o diuretici, un’intensa attività fisica allo scopo di controllare il peso, o, in altri casi, mangiare grandi quantitativi di cibo, più rapidamente del normale fino a sentirsi sgradevolmente pieni senza condotte compensatorie.
Una caratteristica quasi sempre presente in chi soffre di un disturbo alimentare è l’alterazione dell’immagine corporea che può arrivare ad essere un vero e proprio disturbo. La percezione che la persona ha del proprio aspetto, ovvero il modo in cui nella sua mente si è formata l’idea del suo corpo e delle sue forme, sembra influenzare la sua vita più della sua immagine reale.
Alcune persone possono ricorrere ad uno o più di questi comportamenti, ma ciò non vuol dire necessariamente che esse soffrano di un disturbo dell’alimentazione. Ci sono infatti dei criteri diagnostici ben precisi che chiariscono cosa debba intendersi come patologico e cosa invece non lo è.
A tal proposito, nell’ultima edizione del Manuale Diagnostico e Statistico Dei Disturbi Mentali DSM 5, i disturbi alimentari sono definiti disturbi della nutrizione e della alimentazione e si presentano distinti in sei categorie diagnostiche principali:
Oltre alle precedenti si individuano due categorie residue:
L’eziopatogenesi dei disturbi della nutrizione e della alimentazione è di tipo multifattoriale. Essi sono il risultato dell’interazione di fattori predisponenti (genetici, psicologici, ambientali e socioculturali), fattori precipitanti (diete restrittive e difficoltà psicologiche personali) e fattori di mantenimento (sindrome da digiuno e il rinforzo positivo dall’ambiente).
Spesso il disturbo alimentare è associato ad altre patologie psichiatriche, in particolare la depressione, ma anche i disturbi d’ansia, l’abuso di alcool o di sostanze, il disturbo ossessivo-compulsivo e i disturbi di personalità. Possono essere presenti comportamenti autolesionistici (ad esempio graffiarsi o tagliarsi fino a procurarsi delle piccole ferite, bruciarsi parti del corpo) e tentativi di suicidio. Questo tipo di disturbi occupano uno spazio molto particolare nell’ambito della psichiatria, poiché oltre a colpire la mente e quindi a provocare un’intensa sofferenza psichica, essi coinvolgono anche il corpo con delle complicanze fisiche talvolta molto gravi, reversibili, se il disturbo viene affrontato tempestivamente, ma quando la malattia non viene diagnosticata in tempi brevi diventano cronici e possono rivelarsi fatali. I DCA rappresentano una delle principali cause di morte tra le giovani dai 12 ai 25 anni.
Solo una piccola percentuale di persone che soffre di un disturbo dell’alimentazione chiede aiuto; inizialmente non si ha una piena consapevolezza di avere una malattia, ma soprattutto un forte senso di vergogna e di colpa sembrano impedire alla persona di chiedere aiuto o semplicemente di confidare a qualcuno di avere questo tipo di problemi.
Non sempre le persone che si rivolgono ad uno specialista hanno già maturato una vera e propria decisione di voler intraprendere una terapia per cercare la guarigione dal disturbo; ad ogni modo il contatto terapeutico è fondamentale perché permette perlomeno di aprire un dialogo e di poter monitorare le eventuali complicanze sia mediche che psicologiche. Il primo passo dunque è iniziare un percorso motivazionale, ossia un percorso psicologico che ha lo scopo di portare la persona a desiderare il cambiamento e la guarigione, solo allora si può passare ad un vero e proprio trattamento del disturbo.